"La maledizione dell'oro"
Franco Serpa introduce il Rheingold di Wagner - ingresso libero
"Con L'oro del Reno Wagner dà inizio alla sua grandiosa rappresentazione drammatica del mito germanico, proprio dal principio, dall'oscura quiete primordiale dell'essere. Nel principio di tutto è l'acqua. Da una sola nota, profondissima e buia, poi da un elementare moto sonoro, infine dal fremito e dalla vertigine delle onde correnti cominciano il mondo e la vita.
Il Reno stringe in sé e difende il suo oro, magica energia, bellezza e puro amore, ignoto scrigno di potenza universale. Solo colui che rinnega l'amore deturpando se stesso può afferrare quell'oro e farsi dominatore. Così il turpe nano Alberich beffando l'amore strappa l'oro dall'abisso del Reno e ne forgia un anello nell'antro dei nani fabbri, ora suoi servi.
Da qui in poi dèi, démoni, giganti bramano di possedere l'anello. Su cime rocciose e in grotte oscure, alla luce del sole o nei foschi riflessi delle fucine, in una natura tutta pietrosa e selvaggia, si svolge il dramma di quei miserevoli sovrani, tutti avidi, paurosi, ingannatori e ingannati.
Ma il loro dramma è potentissimo. È il dramma del destino e della necessità, la cui ruota è spinta dalla prima colpa e dalle ripetizioni di essa: cioè dalla maledizione dell'amore. In una così enorme concezione drammatica e musicale non c'è un momento di indugio, tra avventure, risse, inganni, spaventi, prodigi. Con due momenti che chi qui scrive sente supremi, la seconda maledizione di Alberich (tormento e odio puri), quando Wotan gli strappa l'anello; e la profezia di Erda, la grande madre universale, a Wotan - tetra ammonizione di vanità di ogni volere e immagine della fine inevitabile. Nel mirabile finale gli dèi rasserenati si avviano in corteo verso il Walhalla che sarà il loro castello: e noi già sappiamo che la loro serenità è illusione e che la rocca sublime non li difenderà dalla catastrofe."
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