Accademia Nazionale di Santa Cecilia . Bibliomediateca

Conferenze Amici di Santa Cecilia

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  • Roma. Auditorium Parco della Musica, Sala Coro domenica 7 febbraio 2010 ore 11.00
Programma:
NOTE:
  • "Le Sonate di Chopin"

    conferenza a cura di Giovanni Bietti

    Chopin scrisse solo tre Sonate per pianoforte, in un arco di sedici anni (la giovanile op. 4, 1828, che il compositore intendeva fino agli ultimi anni di vita rivedere, e le mature op. 35, 1837-39, e op. 58, 1844): la classica tecnica sonatistica, basata sull'elaborazione tematica, sul concetto di "Sviluppo", sulla dialettica tensione-risoluzione lo interessava solo fino ad un certo punto. Di conseguenza, le caratteristiche "idiosincratiche", eccentriche delle Sonate chopiniane sono state più volte messe in evidenza, fin dal loro apparire: Schumann, nella sua notissima recensione (1841) all'op. 35, scriveva che "si potrebbe definire un capriccio l'averla chiamata "Sonata", poiché egli ha riunito quattro delle sue creature più bizzarre, per farle passare di contrabbando sotto questo nome in un luogo in cui altrimenti non sarebbero penetrate" (certo che se pensiamo che lo stesso Schumann voleva inizialmente chiamare Sonata la propria grande Fantasia op. 17 si potrebbe dire: da che pulpito...). E ancora nel 1901 Claude Debussy, pur riconoscendo che Chopin aveva "inaugurato un modo personale di trattare questa forma",  osservava ad ogni modo che egli "seppe piegarsi male alla pazienza che la confezione di una Sonata richiede; ne fece piuttosto degli "abbozzi" molto accurati". Giudizi che francamente oggi ci stupiscono un po': certo, le Sonate di Chopin hanno un innegabile "tono" personale, e come vedremo alcune caratteristiche formali insolite. Ma mai come nelle Sonate mature (compresa anche quella, bellissima e poco conosciuta, per violoncello e pianoforte op. 65) Chopin cerca fraseggi "regolari", rispetta le simmetrie, piega il proprio ricchissimo linguaggio musicale alle esigenze di una costruzione rigorosa e conseguente. Esse ci mostrano insomma le soluzioni originalissime e di volta in volta diverse che Chopin escogitava per adattare al proprio stile e al proprio pianismo le caratteristiche della Forma-Sonata. Ma l'importanza di queste composizioni nella storia della ricezione chopiniana è altrettanto grande. Per quanto possa oggi sembrarci inverosimile, nell'Ottocento (e ancora fino ai primi anni del secolo scorso) molta critica tendeva infatti a considerare Chopin un compositore "minore" che non aveva prodotto alcuna significativa opera orchestrale o teatrale e che anzi si era addirittura espresso attraverso generi "salottieri" - paradossalmente, proprio in quelle composizioni che oggi ogni appassionato associa immediatamente all'immagine di Chopin "poeta del pianoforte" per eccellenza: "sognanti" (i Notturni), "narrative" (le Ballate), romanticamente "nazionali" (Mazurke e Polacche). E' proprio attraverso le Sonate, l'unico genere "maggiore" affrontato dal compositore nelle opere della maturità, che passa la lenta riabilitazione del nome di Chopin nella considerazione della critica e degli stessi musicisti. I suoi difensori - uno per tutti Liszt -, oltre a sottolineare la squisita raffinatezza della scrittura o del linguaggio armonico chopiniani, mettevano spesso in evidenza proprio l'originalità del suo pensiero sonatistico, il fatto che il compositore si fosse cimentato, con innegabile originalità, con un genere "serio" e maggiore come la Sonata. Questo è il punto di partenza dal quale prende le mosse la Conferenza di oggi. 


    ingresso libero

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