"I Quartetti di Beethoven: questioni di eredità "
conferenza a cura di Giovanni Carli Ballola
ingresso libero
Il culto beethoveniano, incentrato nelle Nove Sinfonie, che coinvolse la civiltà musicale del secolo XIX, riserbò ai Quartetti per archi un riguardo tutto particolare, d'un carattere che diremmo privato e critico. Questo è particolarmente vero per gli ultimi cinque Quartetti, la cui trascendenza stilistica ed espressiva fu per lo più oggetto di un'attenzione non estranea a cautele, riserve e persino rifiuti. Uno scoglio evitato da Schubert e Schumann, la cui produzione quartettistica andò per tutt'altre vie da quelle segnate dall' op.130, 131, 135 ; e altrettanto si può dire di Brahms, guardiano severo di una forma-sonata assurta a inconcussa verità di fede, da difendere contro assalti e tentazioni aliene. Assaliti e tentati dai dirompenti messaggi dell'estremo Beethoven furono bensì un ragazzo e un vegliardo, alla loro prima esperienza come compositori di quartetti.. Aveva diciotto-diciannove anni il Mendelssohn dei quartetti op.12 e op.13 ; ne aveva settantacinque- settantasette il Cherubini di cinque quartetti, composti dopo che i cinque ultimi di Beethoven vennero editi e diffusi nel mondo musicale. L'approccio spregiudicato a tali modelli da parte dei due compositori si evince dalle impressionanti analogie relative alle strutture formali, alla scrittura strumentale, alla condotta del discorso musicale; sì da fare di queste pagine, tuttora malnote e di rara esecuzione, uno dei capitoli più avvincenti dell'eredità beethoveniana nel tempo.
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